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giovedì 15 settembre 2016

I personaggi di 'Senza Ombra': Sasher

Splendida gente! Dopo un rientro dolceamaro a scuola (ultimo anno di liceo… Salvami, O Provvidenza!) torno anche sul blog, oltre che sui banchi!
Oggi vi presenterò Sasher (o Ny’ra), personaggio verso cui nutro sentimenti contrastanti -odi et amo, a seconda della situazione- e a cui, in fondo, sono particolarmente affezionata. È la più giovane fra tutti, è una mente in crescita, dinamica e spaventata e audace, una creatura d’argento vivo, in perenne mutamento; è terribilmente divisa tra due mondi, due parti di se stessa, due diverse forme di lealtà: vorrebbe essere Migliore, e non sa accontentarsi di dare semplicemente il meglio che può, vorrebbe sfidare ogni cosa e uscirne vincitrice e si sente in colpa per questa sua sfrontata, infantile arroganza. Le sue emozioni sono roventi, forti, conflittuali. È splendidamente innocente e disincantata.



Era Sasher e i suoi occhi si posavano su un tramonto vermiglio -caldo, morbido, unico tenero abbraccio che il mondo le avesse mai concesso. Le sue mani sottili e bianche (nulla a che vedere con l’incarnato bruno dei demoni con cui viveva e di cui era figlia) scivolavano leste sulle tegole nere del Palazzo del Dittatore suo padre, carezzandone la superficie gelida con sapiente destrezza. Quando camminava, non un suono sfiorava i pavimenti di lucido marmo, non un filo di polvere si sollevava attorno a lei, e nient’altro annunciava la sua solitaria presenza se non le risa di scherno e i sussurri che la accompagnavano ovunque.
Lei era Sasher. Sasher, l’esperimento, la figlia bastarda, colei che non avrebbe dovuto essere, una ragazzina sicario il cui aspetto di Sanguemisto (ma poi, non erano forse tutti sanguemisto in quella terra il cui unico vero popolo era svanito con gli angeli?) era frutto di contorti incantesimi e di una madre Spirito e di un orrido abuso e di un suicidio.
Lei era la più fedele. Il suo onore, il suo Hetah, era quanto di più importante avesse in quel regno freddo e spoglio che era la corte; pur essendo principessa di nome e di fatto, sempre aveva servito.
“Mio signore,” Mio signore, non padre, mai padre, lui è al di sopra, lui è il Dittatore, lui ha in mano la mia vita… “Vi prego di affidare a me la missione di cui parlate. Vi prometto che farò più di quanto in mio potere per portarla a termine.”
“Perderai la tua identità.” La mia identità, quale identità, che cosa sono io, che cosa mi definisce? Certo non il mio nome, il mio nome che mi condanna…
“Sono pronta a fare qualunque sacrificio.” Qualunque sacrificio, pur di andarmene da qui.
“Molto bene. Affido la missione di sorvegliare il possibile Sovversivo a te, Sasher. Al più presto partirai alla volta dell’Impero degli Elfi, insieme a due delle mie Guardie.”

Da quel momento fu Ny’ra. Innocente, fragile, fedele. La sua mente confusa si aggrappò a quelle poche certezze che le erano rimaste (il bene e il male, qual era la differenza?), sforzandosi di comporre ricordi nascosti, cercando un’individualità di cui aveva un disperato bisogno. Chi sono, chi sono, chi sono?
Occhi dorati gentili e pieni d’ironia, un sorriso vittorioso e triste dipinto su un volto pallido e infermo, lenti a mezzaluna posate su un naso dritto -Naeth, il Professor Naeth di Pherahet divenne tutto il suo mondo; l’aveva accolta, l’aveva salvata, l’aveva guarita, l’aveva accettata. “Sanguemisto. Non è molto diverso da ‘elfo’, sai?” diceva, e accarezzava la micia Milu, candida ombra che gli donava sicurezza.
Ny’ra si guardava allo specchio e per la prima volta ciò che vedeva non era più fonte di vergogna, non era più causa di sconcerto e rancore vuoto verso un destino che l’aveva voluta aliena: Ny’ra si guardava allo specchio e vedeva se stessa, vedeva una ragazza.
Avrebbe dato la vita per salvare quella di lui. Gli avrebbe donato l’anima -chissà, forse Naeth lo sapeva, vedeva l’affetto bruciante che gli riversava addosso, e la compativa un poco, perché lui stava per morire, e non c’era verso di cambiare lo stato delle cose. L’aveva costretta a promettere, promettere che non avrebbe sprecato tempo a cercare una cura per la sua maledizione, non quando l’intera loro terra rischiava di svanire, perire sotto la morsa di una calura mortale. E Ny’ra che lo amava era forte per lui -per lui soltanto- e provava a salvare il mondo.

Poi d’un tratto un volto, un nome -sua sorella che sussurrava ‘Sasher’ piano, a fior di labbra, in piedi sulla linea di confine che separava demoni da elfi e su cui sorgeva la Rivoluzione. E all’improvviso lei era di nuovo Sasher, ed era fredda e calcolatrice e assassina, e la sua missione era di uccidere lui… Il tocco familiare di quel filosofo Sovversivo si era fatto sconosciuto e indesiderato, il suo viso quello del tradimento…
Da qualche parte, l’affetto condizionante che aveva provato per il Professore premeva per uscire, ma lo intrappolò in un angolo della propria testa. Come posso tradirlo così?
Devi.
Ny’ra era ancora lì, nella sua mente, e premeva per essere ascoltata, ruggiva e piangeva e minacciava, e Sasher era spezzata, infranta, divisa, confusa…
Non potrei mai competere… pensò la Sanguemisto, con ciò che Naeth e Tessella hanno fatto di me in così poco tempo. Ma presto Ny’ra scomparirà, perché io sono quello che sono, e non le assomiglio affatto.
Eppure non trovava pace. Rifiutava la consapevolezza di essere in parte artefice della fine di ogni cosa, artefice della morte di Neith, della morte di Naeth… La scelta giusta era una e una sola, ma quanto coraggio, quanta forza di spirito le ci volle per confrontarsi col padre e ripudiarlo? Lei era Sasher, l’esperimento, come poteva pretendere di aver voce in capitolo?
Ma l’aveva -Ny’ra l’aveva, lei l’aveva! Ma chi, chi delle due era lei? Chi la rappresentava meglio?

“Lui è di Ny’ra che si fidava, era Ny’ra che amava, Ny’ra, non Sasher.”
La madre di Naeth le sorrideva gentilmente, ascoltando i suoi timori con pazienza. “Ma c’è davvero tutta questa differenza fra Ny’ra e Sasher?” le domandò a bruciapelo. “Ricordati che stiamo parlando della stessa persona. Anzi, forse in Ny’ra c’è molto più di ciò che sei, rispetto a Sasher, soffocata dalle catene del Dittatore.”
Sasher chinò il capo, riconoscendo quelle parole come veraci. “Tu, Tessella, hai ragione, ma fino a un certo punto. Non posso cambiare ciò che sono diventata vivendo a Palazzo, non posso essere soltanto e appieno Ny’ra, e allo stesso tempo Sasher non mi basta più, non mi appartiene più. Ha senso quel che dico?” Si fece sfuggire una risatina.
Tessella annuì, e le pose un’altra domanda: “E allora, bambina mia… è davvero necessario che tu scelga fra le due? Ormai sei in grado di prendere il meglio di entrambe e decidere per te stessa, per la tua vita. Hai uno splendido futuro davanti; sei libera.”
Forse, Sasher avrebbe potuto crederci.



-Vale

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