So che pensavate avessimo finito con i personaggi di questo libro, ma per fortuna (o purtroppo, decidete voi), oltre al 'quartetto' abbiamo qualcun'altro da presentarvi.
A voi Lija, la Custode del Fuoco, non protagonista ma una ninfa di estrema importanza.
Lija, la Custode del Fuoco come l'animale che la rappresenta:
la farfalla, by Marty
Lija era un fuoco scoppiettante in tutto
e per tutto. Era la brezza d'estate al mattino, una farfalla in piena
primavera, un fiume gorgogliante di emozioni e brio.
Nessuno avrebbe mai detto che una Custode
potesse essere 'la dama più svampita del reame' -per usare le parole di Naam-
ma tale soprannome era più un gioco che altro. Vi erano molti aggettivi per
descriverla, buoni o cattivi che fossero, ma di sicuro "stupida" non
rientrava in quell'ampio vocabolario.
Lija era dolce, Lija era allegra, Lija
era un po' matta e sicuramente la sua esuberanza superava di gran lunga quella
media della popolazione, ma nessuno poteva mettere in dubbio il suo cervello e
la serietà nascosta dietro un paio di occhi verdi e un sorriso smagliante.
Era una sarta ed un fabbro, per lei nulla
era impossibile, e ai suoi doveri di Custode del Fuoco si aggiungevano
ordinazioni e richieste che non smettevano mai di farla girare come una
trottola, eppure di questo non si lamentava, anzi: sorrideva, ed eseguiva con
lo stesso entusiasmo di una bambina davanti ad un regalo.
Non temeva nulla, i nervi sempre saldi e
la risoluzione di una guerriera: quando sua madre era stata quasi uccisa dagli
Elfi Oscuri aveva versato una lacrima sola, e poi si era ripromessa che non si
sarebbe spezzata "succeda quel che succeda".
A vederla, sembrava vivere in un sogno,
gli occhi di smeraldo sempre brillanti, le guance sempre colorate di rosso, e
il sorriso perenne; quando camminava, era pura energia positiva. Sapeva come
far ridere chi piangeva, come consolare le persone, e mai, mai aveva chiesto
l'aiuto di nessuno.
Lei rideva, e basta, nascondeva
l'eventuale timidezza dietro un boccale di birra elfica e nei pizzi di un abito
fatto 'in casa', e portava avanti il proprio lavoro.
Era anche innamorata, e lo sapevano
tutti, persino il diretto interessato, perché tra fiori e cioccolatini i segni
non si possono certo equivocare, e lei era persino esuberante, e troppo
frizzante perché nessuno si accorgesse che 'il bell'elfo tenebroso' l'aveva
colpita ben più di un po'.
Una cotta passeggera, forse,
l'infatuazione di una donna poco più che ragazzina, ma per quanto potesse
occupare i suoi pensieri mai era passata davanti ai doveri di Custode, o agli
amici, o alla politica di un regno fragile.
Varon -così si chiamava il 'bell'elfo'-
la sopportava poco, forse, ma la sopportava, e a volte era bello poterci
scambiare due parole… sempre ammesso che fosse riuscita a trovare il coraggio
per andare da lui.
Non avrebbe saputo spiegare il perché di
tale interesse: forse, era la voglia di comprenderlo, perché non le piaceva chi
era sempre così triste, chi non sorrideva quasi mai. Forse era stata una sorta
di sfida con se stessa, un innocente 'voglio che rida' che poi si era
trasformato in qualcosa di più.
Perché lei era così, allegra,
spumeggiante, vivace, e viveva per gli altri.
A se stessa, be', pensava poi.
<<Eppure
non mi inviti a ballare.>> Si morse il labbro quasi immediatamente, ma
rifiutò di tornare sui propri passi, incrociò le braccia dietro la schiena e
sollevò il mento.
Per
un istante fugace un lieve lampo di preoccupazione brillò negli occhi dell’elfo
del Consiglio: <<Dovrei?>>
<<Dovresti.>>
Ancora, la Custode mantenne salda la propria posizione: <<È buona
educazione, sai.>>
<<Davvero?>>
Varon soffiò una mezza risata: <<Quand’è così non mi lasci altra
scelta.>> Senza smettere di ridere maliziosamente davanti alla sorpresa
di lei, le porse la mano in un gesto misurato: <<Balliamo.>>
-Marty
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