E, come promesso, eccomi qui con la trama di Senza Ombra! La storia si concentra su quattro personaggi principali: un demone, Anaichi -giovane vagabondo tormentato che non si dà pace da quando il fratello gemello è scomparso, e che si troverà suo malgrado a dover fare una scelta terribile: sarà costretto a scegliere se salvare lui uccidendo Hana, ultima speranza del loro mondo, e rimarrà coinvolto in un conflitto millenario, molto più di quel che pensava quando cercava vendetta; un elfo che non ha ricordi del proprio passato, Naeth -Professore vincolato a una maledizione che lo porterà presto alla morte, ma che nonostante ciò è deciso a salvare le sorti della loro terra, Neith, terra straziata giunta ormai all'ultimo respiro; una Sanguemisto, Sasher -figlia bastarda del Dittatore che, pare, è colui che ha spinto il mondo sull'orlo della distruzione: alla ragazza toccherà il compito di sorvegliare Naeth, e per farlo dovrà perdere la memoria... diventando così la sua fedele e affezionata Ny'ra; infine Hana, o Hanasiranae, unica sopravvissuta fra gli Spiriti hakeruneshka a cui il destino della terra è legato... Ha combattuto un millennio pur di proteggere Neith dal suo stesso desiderio di morte, e ora è stanca, vorrebbe arrendersi: consegnare la propria vita nelle mani di Anaichi e rinunciare alla propria missione di Custode del mondo.
Da in alto a sinistra: Anaichi, Naeth, Hanasiranae e Sasher, le quattro principali voci narranti, by Vale
Se
questo luogo fosse un libro, le sue pagine sarebbero bianche.
E darei
qualunque cosa pur di rivederti, di sentire la tua voce e guardare nei tuoi
occhi… E se mi perdo in uno specchio, la colpa è del tuo ricordo, morirei pur
di riportarti indietro…
Se solo
potessi.
Tutto
ciò che mi apparteneva è stato inghiottito da questo cimitero.
Tu sei Anaichi. Il pensiero della volpe, proiettato verso di lui, gli
risuonò nella testa. Il demone si costrinse a non spalancare la bocca per lo
stupore. Già era rarissimo che uno Spettro si mostrasse ad un’altra creatura,
ma addirittura rivolgergli la parola? Era quasi inaudito. Inoltre, che lei
fosse riuscita tanto tranquillamente ad annullare del tutto le sue difese lo
riempiva d’orrore e inquietudine, nonostante fosse chiaro che quella creatura
non aveva intenzioni malvage.
Il figlio di Yuruki, il Generale dei Giusti?
“Sono io.”
Niente può salvarmi ormai. Uccidimi, sii
pietoso. Uccidimi, Anaichi.
“Se è questo che vuoi, hai scelto il demone
sbagliato. Non ho intenzione di farlo.” Dietro la sua maschera di gelida calma
si percepiva appena la sua profonda inquietudine, e la volpe non faticò affatto
ad individuarla: Hai paura… hai paura di uccidere, non è così?
In più di cent’anni, il demone non era ancora
riuscito a capacitarsi della morte del fratello gemello, Ichimoru, il suo Morù.
Il suo cuore, o meglio, la sua mente, continuava a rifuggire quel pensiero… La
sua assenza era sempre presente, Anaichi la poteva sentire, tangibile come lo sono i rami e la corteccia degli alberi,
il gelo del vento, il calore del sole sul viso. Era una ferita aperta che non
si poteva guarire, e che spesso rimaneva silente, quieta, in attesa, per poi
lamentarsi a gran voce senza preavviso, dal nulla. Bastava poco a risvegliare i
suoi tormenti, una parola, un gesto troppo familiare, o anche solo la propria
immagine riflessa…
Le
stelle sono testimoni della mia disgrazia… Quanto ancora riuscirò a immergermi
nel peccato prima che la mia mente sia perduta? Prima che la mia anima sia
perduta?
E per
quanto mi piacerebbe odiarti… non posso.
Anaichi non credeva nel destino, ma non
riusciva a fare a meno di chiedersi: È
questo ciò che dovrei fare? Uccidere Hana e salvare Ichimoru e dire addio alla
mia anima, alla mia vita?
Oh, certo, quando pensava al fratello, a
quanto era stato meraviglioso stringerlo a sé ancora una volta, dopo tutto quel
tempo, allora poteva convincersi di aver fatto la scelta giusta. Ma quando la
sua mente si voltava verso la bambina che teneva in ostaggio…
Scappa… si ritrovò a pensare, smettila
di essere così remissiva… Scappa… Io sono un mostro, un mostro che vuole farti
a pezzi e usare il tuo sangue e la tua magia per salvare la vita di un elfo e
condannare a morte il resto del mondo… Scappa… Combatti…
“Ma come fate a vivere voialtri Spiriti, se
qualunque cosa toccate si trasforma in giardino fiorito?”
Hana sospirò. “Te l’ho detto, non dipende da
me. In tempi normali, il nostro Potere di Creare è perfettamente controllabile,
ma adesso la natura sta morendo, e ogni minuscola goccia di vita è votata a
salvare il salvabile… In altre parole, quando il Dittatore sarà sconfitto,
quando troveremo il modo di riportare la nostra terra ai suoi antichi
splendori, allora, e solo allora, tornerò libera di governare la mia magia. Per
adesso gli argini sono rotti… E il mio Potere scorre come un fiume in piena,
con la stessa forza di un maremoto…”
Anaichi non si era aspettato una spiegazione
tanto elaborata, ma ripensandoci, era ovvio che fosse così. Il Potere degli
Spiriti, o meglio, il Potere di Hana, era schiavo della vita, ed era solo
naturale che fuoriuscisse in quel modo, quando il mondo stava morendo.
Era il canto del cigno della loro terra.
Triste, disperato, struggente…
Quell’esplosione di vita che sembrava perseguitare la hakeruneshka non era
altro che un lamento funebre, l’annuncio della fine, la fine di tutto.
Non era l’idea della morte a spaventarla,
perché aveva imparato a conviverci molto presto, più di un millennio e mezzo
prima, e ormai non la temeva affatto. Però lei conosceva perfettamente il
dolore devastante che giungeva dalla perdita di una persona amata, anzi, della
persona più importante in assoluto, e non poteva fare a meno di pensare a
Irusaki…
Irusaki. Quanto avrebbe sofferto. Per lei,
morire sarebbe stato relativamente facile: un attimo, poi il nulla. Ma lui
invece… Lui avrebbe avuto il tempo di piangerla e disperarsi e tremare e
crollare.
Sentì lo stomaco ribaltarsi al pensiero di
come il demone avrebbe reagito nel trovare il suo cadavere. Cosa avrebbe detto
nell’accorgersi che tutti gli hakeruneshka erano salvi, vivi e vegeti, tutti
meno che lei? Li avrebbe odiati. Lei stessa provava un forte risentimento nei
loro confronti…
Può qualcuno che già ha dato tutto desiderare
di dare anche l’ultima cosa che resta, la vita stessa? Hanasiranae si alzò in
piedi, dritta e fiera nonostante la sua anima fosse ormai a brandelli, e
afferrò lo scettro con entrambe le mani, puntandolo verso il popolo prigioniero
dell’angelo. Il Potere della Creazione fluì dentro di lei, miracolosamente
sanando le sue ferite e donandole la meravigliosa illusione che tutto stesse
andando per il meglio. Un lieve sorriso le incurvò le labbra: forse, quella
sarebbe stata la fine. La fine della guerra, la fine dell’odio, la fine della
sofferenza.
Forse Ichimoru e Umaen e Yareina sarebbero
riusciti là dove i due Guardiani avevano fallito, e avrebbero riportato la pace
a Neith, quella pace che in realtà non c’era mai stata…
Il sogno di una vita immortale, e lei non
sarebbe stata lì per vederlo. Chissà, magari Niallen l’aveva previsto: aveva
previsto che prima o poi Hana e Irusaki sarebbero tornati a reclamare ciò che
apparteneva loro, e per questo aveva rinchiuso gli hakeruneshka nel
laboratorio. Voleva che lei ripercorresse i passi della sua compagna traditrice
Helian, che si lanciasse fra le braccia della morte incurante dei sentimenti di
lui… Però fra loro non c’era alcuna promessa simile: non avevano mai osato
giurare di non morire.
“Rahits, Komuro, Naeth!” esclamò, la voce
ferma e chiara. “Um iqua sehaimanthel!”
“Ti prego. Apri gli occhi e guarda il mondo che ti circonda.”
“No… no…” L’angelo si accucciò a terra e si
coprì la testa con le braccia e le ali, cercando un nascondiglio. “No! Ho già
visto, ho già visto, non voglio più vedere!”
Ichimoru allora si fece avanti, sfiorando la
spalla del fratello con una mano. Questi gli lanciò un’occhiata interrogativa,
e il Professore sorrise, poi si inginocchiò davanti alla creatura piangente.
Certo, aveva deciso che l’avrebbe ucciso… Ma quella decisione era nata dalla
necessità di liberare Neith dalla sua morsa di follia, dal cancro generato
dalla sua sofferenza.
“Hai visto male, angelo.” disse. Si passò un
dito sul mento, poi mostrò a Niallen il sangue che lo macchiava: “Speranza,
amore, gioia, progetti, amicizia, coraggio, famiglia, calore, affetto,
dolcezza, gentilezza, giustizia, equità, libertà…
Tutto questo esiste, ma tu rifiuti di
vedere. Noi vogliamo vivere. Chi sei tu per decidere per
noi?”
Niallen spostò appena un’ala, e spiò l’elfo
con un occhio soltanto, assorbendo lentamente le sue parole. “Tu stai per morire.” mormorò, “E dici questo?
Sicuramente stai mentendo.”
“No, io non mento mai, Niallen.” Il tono
fermo di Ichimoru mal si sposava col tremore che gli scuoteva i polsi e col
battito erratico del suo cuore stanco. “Amo la vita e ho trascorso la mia alla
ricerca della libertà. Libertà non l’avrò mai, e quanto alla vita… Come sai,
sta per finire. Ma io non mi nascondo.
Il fatto che io stia soffrendo non significa che da qualche parte non ci sia
felicità.”
“Ascoltami, Ichimoru, te lo chiedo per
favore. Quando ho riacquistato la mia memoria sono immediatamente tornata dal
Dittatore; ho dovuto fare una scelta, e sono venuta fin qui per
comunicargliela: ho scelto di tornare a Pherahet, per stare al tuo fianco…
Capisci? Io non ti ho mai tradito. Ma mio padre mi ha messo davanti un’altra
scelta: mi ha detto che avrei potuto salvare uno solo fra te e Anaichi, e così
ho deciso… Pensi che sia stato facile? Pensi che io sia andata da lui
sorridendo e l’abbia mandato a morire con gioia? Però darei qualunque cosa, la
mia vita, la mia anima, il mio cuore, purché tu ti salvi. Ichimoru, tu conosci
la mia vera natura? Ti vedo che mi stai fissando negli occhi nella speranza di
leggermi dentro, e allora ti chiedo, che cosa scorgi nella mia mente? Io sono
un sicario. Sono stata cresciuta per essere una gelida assassina priva di
emozioni. E tu hai preso questa gelida assassina senza emozioni e l’hai
trasformata in una persona vera… Per questo, Ichimoru, accusami di ciò che
vuoi, ma non dirmi che ti ho tradito. Io ti sono fedele, capisci?”
“Il tuo nome… Non è Ny’ra, vero?”
“No, io… Mi chiamo Sasher.” Sasher…
L’esperimento.
Non
avrei mai pensato di poter essere fedele a qualcuno.
Fedele
a me stessa, al mio onore –qualcosa nella mia mente mi dice che si chiama
Hetah- sì, questo me lo ricordo bene. Ma fedele a qualcuno? Mai.
Cosa
sto facendo? Si sente mancare, Niallen, e
cade in ginocchio quando si rende conto di aver trascorso otto lunghissimi
secoli a proteggere una terra che non vuole essere protetta, una terra fatta
solo di odio e sofferenza. Qualcosa si spezza dentro di lui, e l’angelo si
rende conto che la propria mente sta vagando, persa, si rende conto che una
strana e mielata dolcezza sta avvolgendo i suoi pensieri, stravolgendone il
significato, il gusto, il colore…
“No!” Ringhia e scatta in piedi, riconoscendo
i segni della quieta e lucida pazzia che da sempre si prende gioco degli
angeli. “No! Vattene via!”
Morte! Morte è l’unico grande desiderio di
Neith! Morte è ciò che cerca, morte, e nient’altro… E allora lui, Niallen, in
nome di quell’amore, esaudirà il desiderio, e donerà pace a quel triste mondo
desolato, la pace dei morti. Sorride, aggrappandosi allo scettro in cerca di
sostegno, e si sente un po’ meglio, ora che ha un nuovo scopo: la distruzione.
Dopotutto, lui ha portato la vita partendo
dal nulla, millenni prima, ed è anche giusto che adesso giunga la fine dei
tempi.
No, non
la fine… La pace.
-Vale
-Vale
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