Be', eccoci qui con uno dei personaggi di cui mi piace scrivere di più e che amo tanto (my lil Ceddy... sigh). A differenza di tutti gli altri personaggi della saga, il principe Cedric Danstan Edward I Tudor si intreccia con il mondo reale in una maniera tutta particolare: lui è il tanto agognato figlio di Henry VIII (esatto, quel Henry VIII), personaggio puramente fittizio e che pure vive all'interno di un ambiente che più reale di così non può essere, mescolando la storia, quella vera, e la trama del nostro libro interagendo con nobili realmente esistiti da una parte e con Hashim dall'altra (perché il nostro caro Maestro è il vero punto di incontro tra realtà e finzione).
Vi lascio allora a questo testo, così che possiate conoscere l'antagonista -ma anche no- di 'Harashan', che, vi ricordo, è il primo libro della saga.
Cedric davanti al proprio trono, fragile come vetro, by Marty
Cosa c'era in lui di così diverso perché
'disprezzo' fosse ciò che lo caratterizzava?
Cedric ne era stato a lungo
inconsapevole, tutt'ora ne era inconsapevole, nonostante anni passati a
convivere tra insulti, rimproveri e punizioni gli avessero insegnato che una
maschera di ghiaccio è meglio delle lacrime.
Il principe Cedric Danstan Edward I Tudor
era il figlio secondogenito del re Henry VIII e della sua prima moglie,
Catalina de Aragón, e a lungo unico possibile erede al trono di Inghilterra, in
quanto solo figlio maschio -sebbene odiato e allontanato dall'uomo che chiamava
'padre' e che pure non l'aveva mai trattato come sangue del suo sangue.
I primi anni di vita erano stati un
pendolo tra bellezza e inferno: la Regina lo amava, gli diceva che era un
angelo mandato dal Signore, e lo stringeva tra le proprie braccia, gli
accarezzava i lisci capelli castani e lo cullava a volte fino a che non si
addormentava, ma quando il Re aveva iniziato con i propri tradimenti, quando
neanche Mary era ormai abbastanza, il piccolo principe si era ritrovato
affidato alle cure di una balia insistente e fin troppo severa, la quale non
capiva -perché era stupida e non voleva
capire.
Aveva dovuto aspettare i sette anni
compiuti perché gli venisse dato un tutore degno di tale nome: il Maestro era
un uomo giovane, un conte e un pittore dagli occhi color del cielo ed insoliti
capelli neri che gli arrivavano fino alla vita; assieme a lui era arrivato un
altro bambino, un undicenne dalle iridi turchine, e ben presto in lui Cedric
aveva trovato un fratello. Erano stati sei anni felici, anche se in quel
periodo erano iniziati gli attentati alla sua vita -e il Maestro l'aveva
puntualmente salvato- e il principe aveva imparato ben più di quanto fosse
richiesto ad un reale. A tredici anni parlava fluentemente l'inglese, il
francese, il latino e il volgare fiorentino: Dante e Petrarca erano diventati
gli amici di una vita, le loro opere sogni utopici nei quali rifugiarsi di
notte, alla luce di una candela. Ben presto imparò a conoscere la Commedia come le proprie tasche, e così
anche il Convivio, e il Canzoniere.
In quegli anni aveva persino 'rimediato'
una cameriera -Martha, occhi di fumo e capelli d'oro rosso- che era diventata
il suo ponte tra la città e il palazzo: amica, confidente, e unico conforto nei
momenti di debolezza. Perché sì, il Maestro se ne era andato da palazzo scaduti i sei anni di insegnamento e, sebbene non
l'avesse mai abbandonato, era difficile, a volte, poterlo incontrare.
Dal 1533 in poi, il giovane principe vide
le mogli del Re susseguirsi una dopo l'altra come le pagine sfogliate di un
libro: Anne Boleyn -quella che mai amò e per la quale provò più pena- durò tre
anni appena, e finì col perdere la testa; a Jane Seymour -buona e invidiosa
come una qualunque madre- bastò un anno per spegnersi, ma non prima di aver
dato alla luce il tanto amato figlio maschio, il principe perfetto, tutto ciò
che Cedric-la-delusione non avrebbe mai potuto essere; Anne von Kleves seguì
dopo poco tempo -non era bella, eppure in quei pochi mesi fu la madre che il
principe aveva perso e che temeva di non trovare più- e se ne andò via di buon
grado, acconsentendo al divorzio che in cuor suo aveva sempre desiderato;
infine giunse Catherine Howard -un fiore nei suoi diciannove anni- che mai
trovò nel marito ciò che i vent'anni di Cedric erano ai suoi occhi di donna
ancora bambina: doveva essere sua madre, ma mai si comportò come tale.
Cedric iniziò a sentirsi solo molto
presto, quasi in concomitanza con l'inizio delle punizioni, quelle serie… il
carceriere sembrava aver preso gusto nel calare la frusta sulla sua schiena
pallida, e ogni volta era più feroce, e faceva più male. Cedric era sempre
ridotto ad un fagotto sul pavimento della cella, quando il Maestro veniva a
salvarlo, e per nessuno fu una sorpresa quando il bambino che cercava
disperatamente un padre assente si tramutò nel bellissimo mostro dagli occhi di
ghiaccio che mandava a morire chi gli chiedeva un tozzo di pane.
Forse fu quella maschera a mandare in
frantumi tutto il resto.
Vide il Maestro venire arrestato perché
era un elfo -un elfo! Chi l'avrebbe mai detto?- e dovette cadere in ginocchio
davanti a tutta la corte perché gli venisse risparmiata la vita.
"Conquistali, e al tuo Maestro non succederà
nulla." Aveva ordinato il Re, e Cedric si ritrovò capitano di una
spedizione suicida in meno di un mese, preda dei rimorsi, le orecchie piene
delle urla del Maestro, e le mani sporche di sangue.
Non gli importava nulla di niente, diceva a chi osava
domandare più del dovuto, ma a nessuno spiegò mai perché l'Inferno di Dante finì in parte col bruciare nel caminetto.
<<Esci.>> Disse,
indicando con un cenno del capo il corridoio vuoto e buio: <<Esci
immediatamente da questa stanza, prima che faccia arrestare anche te.>>
<<Come sei caduto in
basso…>> Martha afferrò la coppa di vino dal tavolino e gliela schiaffò
tra le mani, prima di uscire dalla stanza: <<Bevi.>> Ghignò:
<<Ultimamente è l'unica cosa che ti riesce bene.>>
-Marty
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